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lunedì 12 settembre 2011

Interpretare gli elfi

Io ho un elfo come personaggio di D&D. L'ho scelto perchè come ottimizzazione con il ranger ci stava bene e volevo staccarmi dal mio solito mezzelfo ispirato da Gli eredi di Shannara o dall'umano. L'ho interpreto un po' spocchioso: vede le altre razze come degli inferiori ed è incapace di relazionarsi agli altri senza sembrare offensivo. Il mio elfo ha un carisma basso... L'elfo che interpreto è mal visto dalla sua gente, ha un amore perduto e affronta i suoi avversari inseguendo un sogno divino che forse gli darà pace, dopo la morte. Il mio elfo, usa uno stile di combattimento che prende ispirazione dalla flora del bosco. Mischiando una canzone dei nomadi, con lo stereotipo dell'eroe romantico, il mito di Adone e Garet Jax di Shannara, ho ottenuto un buon personaggio, ma non riesco a dargli un tocco elfico. Forse sto perdendo la sfida all'interpretazione di questa razza.
Credo che occorra quindi fare un viaggio nel mondo degli elfi per capire fino in fondo cosa essi siano.
L'elfo come elemento mitologico affonda le sue radice nel mondo dei miti nordici e l'elfo fantasy germoglia da quelle radici. Va detto però che i miti sugli elfi sono tanti ed in ognuno vi è qualcosa dell'elfo fantasy e qualcosa che non centra nulla.
  • Nella mitologia nordica sono nati dai vermi che hanno divorato il gigante Ymir, rappresentano le forze dell'aria, dell'acqua, della terra e del fuoco. Sono anche spiriti dei morti (vivono sui tumuli) e della foresta.
  • Nella mitologia scozzese ci sono elfi buoni e elfi cattivi
  • Per la mitologia celtica, sono abili nella caccia, nella poesia e nella magia
  • Per la mitologia scandinava le loro donne sono di una bellezza sconvolgente
Per quanto riguarda il genere fantasy, anche qui ci sono varianti:
  • Per Tolkien sono immortali (se non uccisi in battaglia), sono le più belle creature della terra di mezzo, sono amanti dell'arte, hanno sensi acuti e sono più forti degli uomini
  • Per Terry Brooks, sono gli unici discendenti di Faerie ad essere rimasti nel mondo mortale, sono mortali e predisposti alla magia (anche se nella loro storia l'hanno a volte dimenticata e a volte abusata), sono di bassa statura, ma molto agili. Non vedono di buon occhio gli umani che considerano la causa del degrado del mondo.
  • Per la Rowling sono di bassa statura, domestici e dotati di innati poteri magici
  • Per Paolini sono belli e più forti degli uomini, ma spesso ambigui
  • Per la Troisi sono creature che un tempo dominavano il mondo ma che poi sono scomparse.
Dietro a questa molteplicità di aspetti, volendo giocare un elfo ci si potrebbe ispirare ad ognuna di queste tipologie creando personaggi anche molto diversi tra loro. Allora dovremmo spingerci a capire nei singoli giochi di ruolo cosa rappresentino.
La prima cosa che vorrei dire è che per ogni razza presente in gioco ci dovrebbe essere un'idea comune da seguire, perchè mentre il giocatore che la interpreta può deviare dallo stereotipo di quella razza, gli altri devono essere a conoscenza dello stereotipo per relazionarsi al personaggio. Ognuno di loro nel proprio background dovrebbe indicare cosa pensa delle altre razze e lo farà secondo lo stereotipo. Se immagino che gli elfi siano quelli di Tolkien, potrei descrivere di apprezzare la loro immensa forza fisica e la loro immortalità per poi scoprire che l'elfo interpretato dal giocatore è basso, mortale e non forte (anche se agile) perchè il giocatore si è ispirato a quelli di Terry Brooks.
Visto che però non ci troviamo di fronte a regole scritte nel granito potremmo anche accordarci fra noi dando priorità a chi l'elfo lo vuole giocare piuttosto a chi vuole solo relazionarvisi (l'importante è che tutti siano d'accordo e lo sappiano).
In D&D ad esempio gli elfi sono agili e alti come gli umani, possono avere pelle e capelli dello stesso range di colore degli uomini e hanno le orecchie a punta. Vivono in media 200 anni ma rimangono sempre vigorosi fino alla fine dei loro giorni (lo si capisce perchè il colore dei loro capelli inizia a diventare simile alle foglie autunnali).
Come si può ben vedere non si accosta a nessuno degli elfi presentati nei miti e nella letteratura fantasy.
In generale io preferisco appoggiarmi ad un'idea letteraria degli elfi, la cosa però più difficile da capire è il modo in cui una creatura che vive il doppio di un umano veda il mondo.
Nel caso dell'elfo da me descritto all'inizio, sto pensando ad un essere che possa morire solo in battaglia, avendo una longevità molto superiore agli uomini il suo dolore per la perdita dell'amata deve durare più a lungo. Vedendo poi l'aldilà in un modo un po' diverso, forse questo dolore non potrà mai passare. Allo stesso modo farà fatica a cambiare idea, avrà infatti maturato le sue idee con riflessioni molto più lunghe e vorrà riflettere più a lungo sulle contraddizioni. Come potrà vedere poi la vita degli umani che sono così veloci rispetto alla sua? Io ho riflettuto su cosa può pensare un occidentale rispetto ad un uomo che vive in un villaggio nella foresta amazzonica ancora allo stadio di cacciatore raccoglitore. Pur riconoscendogli la dignità come individuo, lo vediamo meno colto, meno capace di piegare il mondo al suo volere, lo consideriamo sotto molti punti di vista inferiore (anche se probabilmente nel corpo a corpo o nella sopravvivenza ci supererebbe). Se a 14 anni loro diventano adulti cosa possono pensare di noi che ci sposiamo superati i 30, che andiamo a scuola fino a 30 anni, che non siamo indipendenti fino a 30 anni. Credo che con questo esempio potremmo capire la visione che hanno gli elfi immortali (o pluricentenari) rispetto a noi. L'unica cosa che stride è che al momento noi dominiamo il mondo e gli indigeni si stanno estinguendo, mentre nella letteratura fantasy è spesso il contrario...

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